Quando entriamo in un negozio di alimentari o dal nostro macellaio, cercando tra banchi e scaffali i prodotti che ci servono, ci imbattiamo in diversi tipi di confezionamento. Il packaging è un aspetto fondamentale per la vendita: deve essere funzionale ma allo stesso tempo attraente per il consumatore, mettere in evidenza il prodotto, farlo spiccare tra tutti gli altri competitor.
Ma il packaging influisce anche sulla conservazione del prodotto e sulle sue proprietà organolettiche. Per quel che riguarda la carne, abbiamo tre principali tipi di confezionamento: ATP, Skin Packaging, Sottovuoto.
Nell’articolo di oggi scopriremo nel dettaglio di cosa si tratta.
Il confezionamento ATP
La prima tipologia di conservazione alimentare che affrontiamo è l’ATP, abbreviazione di atmosfera protettiva. Si tratta di un metodo consistente nell’eliminazione dell’aria interna alla confezione, sostituendola con un gas (o anche una miscela di gas naturali), come anidride carbonica, azoto, ossigeno, e altri, presenti in proporzioni diverse determinate dal tipo di prodotto sul quale agiscono. Lo scopo è quello di protrarre la durata degli alimenti freschi e proprio per questo esposti a un rapido deperimento. Possiamo facilmente capire se un prodotto è confezionato tramite ATP dall’etichetta: la normativa comunitaria stabilisce che bisogna indicare se un prodotto è sottoposto a questa procedura, proprio per la presenza dei gas d’imballaggio. Il prodotto si presenta quindi adagiato su un contenitore, chiuso da uno strato di pellicola di materiale plastico, funzionale a mantenere, per l’appunto, una certa atmosfera modificata all’interno della confezione. Alla vista, la carne si presenterà di un rosso vivo, proprio grazie alla presenza di ossigeno.
Ma vediamo ora come funziona questo procedimento. L’utilizzo dei gas blocca, o quantomeno rallenta, i processi chimici, fisici e microbiologici causa della perdita progressiva di qualità e delle sue caratteristiche (colore, sapore, odore, ma anche la forma). Ovviamente, non si tratta di riportare un prodotto allo stato originale, ma solo di conservarlo. Il confezionamento tramite ATP permette tuttavia di mantenere le qualità anche dopo aver aperto la confezione, proprio perché l’assorbimento dei gas diminuisce il livello di umidità, aumentando la resistenza agli agenti esterni.
Sperimentata con successo a partire dal 1821 dal chimico francese Jacques-Etienne Berard, si iniziò a diffondere in particolare dagli anni Trenta del Novecento, soprattutto nel trasporto di frutta via mare. Dagli anni Settanta i prodotti confezionati in ATP si presentarono sugli scaffali dei negozi, e oggi è uno dei tipi di conservazione alimentare più utilizzato, soprattutto per quel che riguarda la carne. Con l’ATP i prodotti aumentano la loro shelf-life (ossia il tempo massimo di permanenza sugli scaffali) di circa otto giorni.
Lo Skin Packaging: più durata e meno scarti
Passiamo ora a vedere il secondo metodo di conservazione oggetto del nostro articolo, uno dei più diffusi per quel che riguarda la carne. Sintetizzando, possiamo dire che si tratta di conservare gli alimenti sottovuoto, utilizzando un piatto o una vaschetta (che sia di plastica o di cartone), adagiandovi sopra una pellicola protettiva, detta skin, da cui il nome skin packaging. La particolarità risiede nel fatto che tale “pelle”, ossia lo strato di pellicola, segue precisamente la forma del prodotto. Questo modellamento sul contorno dell’alimento è possibile grazie a un processo di riscaldamento e vuoto/saldatura.
Aggiungiamo che lo skin pack, ossia il confezionamento in sé, è frutto di un’unica operazione: gli imballaggi infatti realizzati direttamente attorno al prodotto oggetto del confezionamento. L’imballaggio viene saldato attraverso sostanze termo attivabili, in modo tale che la base di supporto o la pellicola protettiva aderiscano perfettamente. Lo skin packaging permette di allungare la shelf-life di ben quindici giorni.
Lo skin packaging presenta diversi vantaggi, tra cui:
- un’ottima protezione dei prodotti imballati, fornendo una sorta di vera e propria barriera contro gli agenti esterni;
- l’allungamento della durata della conservazione;
- il mantenimento della forma del prodotto, e quindi anche la valorizzazione dell’aspetto estetico.
Questo sistema permette di conservare perfettamente gli alimenti, e allo stesso tempo di diminuire gli sprechi alimentari. Inoltre, si tratta di una soluzione che abbina leggerezza e maneggevolezza, favorendo tutte le fasi di vita del prodotto lavorato. A livello della logistica, con lo skin packaging si occupa meno spazio, e il prodotto resta fermo, evitando quindi di muoversi all’interno della confezione, e deteriorarsi. Una volta arrivati nei negozi, i prodotti così confezionati possono essere esposti in verticale, orizzontale o obliquo, quindi con un’ottimizzazione dello spazio e, poiché mantengono il loro aspetto esteriore, attirano maggiormente i clienti. Infine, il consumatore può portarsi a casa un prodotto leggero e facilmente smaltibile. Come detto, si tratta di un metodo che viene utilizzato per la carne, ma non solo, anche per salumi, pasta fresca, latticini, e molto altro.
Il Sottovuoto: semplicità e durevolezza
Vediamo ora l’ultima tipologia di confezionamento, anche quella che assicura una shelf-life più lunga al prodotto: il sottovuoto.
La tecnica è ormai ben nota, e anche abbastanza semplice, e consiste nell’eliminare del tutto l’aria presente, oppure di concentrarsi solo su alcuni gas, come l’ossigeno, che, come si sa, ha le principali responsabilità nel processo di ossidazione. Si tratta quindi sempre di modificare l’atmosfera all’interno dell’imballaggio, per evitare di far velocemente deperire gli alimenti, poiché la maggior part di batteri e microorganismi è incapace di svilupparsi in assenza di aria. In questo modo, oltre a preservare l’alimento, se ne conservano, oltre le proprietà nutrizionali, anche caratteristiche più “evidenti” come profumo e colore. Utilizzando il sottovuoto la shelf-life si può protrarre anche fino a 28 giorni.
Ma come funziona in pratica?
Per il sottovuoto non si utilizzano né vaschetta né pellicola, ma una particolare busta, dalla quale viene estratta l’aria (fino addirittura al 99%). Dopo questa operazione, la busta viene termosaldata, utilizzando particolari macchinari, ormai presenti anche a livello domestico. L’alimento viene posizionato dentro contenitori appositi, in un vano che poi viene chiuso da una campana, mentre una pompa interna elimina l’aria. I vantaggi, come nei casi precedenti, sono notevoli, a partire dall’arresto della proliferazione di microrganismi aerobi e dello sviluppo di alterazioni chimiche, in particolare l’ossidazione, fino ovviamente al perdurare della freschezza e della protezione da odori che possono penetrare dall’esterno.
È da sottolineare come comunque sia sempre il caso di mantenere gli alimenti così confezionati in un frigorifero, o comunque di evitare di esporli a temperature elevate, per evitare che si sviluppino batteri anaerobici, più resistenti.
Con il sottovuoto, ma anche con lo skin packaging, la carne potrà presentare un colore più vicino al porpora. Non facciamoci ingannare. Non è mancanza di freschezza, ma l’assenza di ossigeno: basterà aprire la confezione e potremo vedere come la carne prenderà un colore rosso vivo, per il contatto con l’aria.
Quelli che abbiamo visto sono i tre metodi di conservazione della carne più diffusi e anche più consigliati. Fornendo il vostro locale degli strumenti necessari, potrete realizzarli direttamente voi, scegliendo quindi la carne dal vostro grossista di fiducia e poi conservandola come meglio credete.
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