Da sempre il mondo assiste alla contaminazione tra diverse culture, a volte molto diverse le une dalle altre. In particolare, la zona mediterranea è stata per secoli centro di un forte scambio tra popolazioni differenti, in termini sia culturali, che politici, che commerciali.
Come scriveva Fernand Braudel, il Mediterraneo non è “una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre”. Così, anche dal punto di vista culinario, le tradizioni dei vari Paesi si sono spesso arricchite attingendo da quelle di altri. Un fenomeno accresciuto sicuramente negli ultimi decenni, grazie all’aumento delle migrazioni e della globalizzazione.
Così anche noi italiani, attaccati alle nostre ricette, simbolo di identità nazionale e regionale, abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare piatti di altre parti del mondo, non solo quelle più vicine a noi (pensiamo alla poke o alla cucina sudcoreana).
Nell’articolo di oggi andiamo a scoprire cosa significa halal, cosa prevede il rituale e quali sono i cibi ammessi e quelli non consentiti.
Cosa significa halal
Partiamo il nostro viaggio di oggi alla scoperta dell’halal capendo innanzitutto cosa significa la parola. Il termine ‘halal’, in arabo حلال, significa ‘lecito’, ‘conforme alla legge’.
Per un musulmano praticante, quindi, halal non si riferisce solo alla carne, ma ha un’estensione più ampia, indicando quindi quello che viene valutato come legittimo secondo l’interpretazione di alcuni precetti presenti nel Corano.
Si tratta quindi di un termine applicato a vari aspetti della vita di chi, per vuole essere considerato un buon musulmano, il quale deve osservare determinate regole riguardanti l’abbigliamento, il linguaggio e, in senso più generale, il comportamento da tenere.
Per quel che riguarda l’aspetto culinario, che ci interessa più da vicino, il libro sacro dell’Islam si interessa all’argomento in un versetto della Sura 16 (Corano, 2:172-173), in cui viene espressamente ordinato di mangiare cose “lecite e buone”, donate da Dio in persona, al quale essere riconoscenti per questo omaggio.
Nello stesso passaggio, si indica come siano proibiti “gli animali morti, e il sangue e la carne di porco, e animali macellati invocando nome altro da Dio”, anche se si precisa che è prevista una particolare indulgenza nei confronti di chi pecca per costrizione, o senza intenzione o desiderio.
Bisogna però dire che, come spesso accade quando si parla di testi sacri (ma non solo), esistono diverse interpretazioni della Sura del Corano che abbiamo citato in precedenza, a seconda dell’appartenenza a una certa comunità islamica piuttosto che un’altra, o delle diverse regioni geografiche.
La più rigida interpretazione è quella dhabīḥah ḥalāl, secondo la quale il cibo non deve provenire da una sostanza proibita e la carne deve essere macellata seguendo le tradizioni previste nella Sunna, note appunto come dhabīḥah.
In particolare, la parte più controversa riguarda il fatto che gli animali devono essere ancora coscienti nel momento in cui vengono uccisi, tramite una recisione della trachea e dell’esofago, per dissanguamento.
Una seconda interpretazione, leggermente più flessibile, è quella bismillāh, per cui basta invocare il nome di Dio tramite una formula poco prima di consumare il pasto per renderlo lecito. Chi aderisce a questa linea guida sceglie se mangiare carne proibita o meno, anche se nel secondo caso molti vedono una violazione dei precetti espressi nel Corano.
Nonostante queste differenze intorno al termine halal e all’applicazione più o meno rigorosa delle norme religiose, su alcune cose i musulmani di tutto il mondo si trovano d’accordo:
- Divieto di consumare carne di maiale;
- Divieto di consumare il sangue di animale;
- Divieto di consumare alcol.
Questo interesse del Corano per ciò che deve o non deve mangiare un buon musulmano è figlio del parallelismo tra la purezza del corpo e il cibo che viene consumato, il quale, a sua volta, deve essere ‘puro’.
Per ottemperare a queste prescrizioni di carattere religioso, la carne deve subire un processo di macellazione particolare, seguendo un preciso rituale. Inoltre, deve essere anche certificata da un ente preposto a tale compito, il che assicura al fedele che la carne sia stata lavorata rispettando i precetti islamici, e può quindi essere consumata tranquillamente.
Tuttavia, non tutte le carni sono ammesse. Sono infatti considerati impuri a prescindere, e quindi vietati:
- Maiale;
- Animali carnivori;
- Animali alimentati con carne suina;
- Animali che si cibano di impurità o animali morti;
- Conigli.
Sono invece solamente sconsigliati cavallo e asino.
Vediamo ora in cosa consiste il rituale della macellazione.
Il rituale della macellazione della carne halal
Come detto, affinché una carne sia considerata halal è necessario seguire un particolare rituale di macellazione, sul quale spesso ci si interroga per il trattamento riservato agli animali.
Innanzitutto, la carne halal deve essere macellata da un operatore che deve essere un musulmano praticante. Il rito della macellazione viene accompagnato dalla recita di alcune preghiere dedicate ad Allah.
In secondo luogo, l’animale da cui proviene la carne deve arrivare al macello in vita. Questo passaggio è fondamentale, perché uno degli aspetti più importanti, anzi probabilmente quello più dirimente, è proprio che il capo da abbattere sia vivo durante la macellazione. Vivo, ma non solo, anche cosciente.
Risulta subito evidente come questa prescrizione entri in contrasto con la tutela del benessere degli animali, e sia la parte più aspramente criticata dalle associazioni animaliste, ma anche, più in generale, da settori dell’opinione pubblica, detrattori per questo di questa pratica rituale.
Per quanto riguarda l’uccisione dell’animale, questo deve essere rivolto verso la Mecca, città sacra per i musulmani. Inoltre, deve essere praticata con un taglio unico e netto, con il quale recidere con un solo colpo carotide, esofago, giugulare e trachea dell’animale. Proprio questo taglio netto, secondo i musulmani, assicurerebbe che agli animali non siano inferte sofferenze inutili. Gli animali muoiono quindi per un completo dissanguamento.
Tutto il sangue che ne sgorga viene eliminato, perché, come visto in precedenza, è considerato proibito. Per rispettare questa norma, è necessario che chi esegue la macellazione sia certo che tutto il sangue sia ormai defluito dal corpo, evitando possibili residui nella carcassa. Solo dopo questo accertamento è possibile proseguire con le altre lavorazioni.
La certificazione per la carne halal
Come abbiamo accennato, per essere considerata halal senza nessuna sorta di dubbio, è necessario che la carne abbia una certificazione che lo attesti. Tuttavia, bisogna sottolineare come non esista ad oggi una regolamentazione a livello internazionale a riguardo, per via proprio delle differenti interpretazioni del Corano analizzate in precedenza.
Esistono però degli enti preposti alla certificazione, i quali non solo vanno a verificare il processo di macellazione, ma si interessano di tutta la catena produttiva della carne: dalla logistica allo stoccaggio, dal trasporto alla destinazione finale.
Questo permette di assicurare ai consumatori che la carne non sia entrata in nessun modo in contatto con sostanze ritenute proibite dalla religione islamica. In tal senso, è sempre bene, sia per il consumatore ma anche per un ristoratore che vuole inserirla nel proprio menu, che si controlli l’etichetta, in modo tale che non si abbiano spiacevoli sorprese, riguardanti per esempio condimenti o conservanti fatti con ingredienti proibiti, come l’alcol, o la gelatina.
Chiudiamo l’articolo di oggi con un accenno a quella parte controversa e spesso criticata a cui abbiamo accennato, ossia il fatto che l’animale debba essere cosciente al momento dell’uccisione. Ciò è in evidente contrasto con il regolamento europeo relativo alla protezione degli animali, che tutela gli animali anche nel momento dell’abbattimento.
Tuttavia, la legislazione comunitaria prevede anche il diritto di deroga per gli Stati, in modo tale che tale macellazione rituale sia concessa a livello nazionale.
In alcuni Paesi, come Danimarca, Norvegia, Svezia, Belgio e Svizzera, la macellazione rituale è vietata del tutto, mentre in Italia e in altri Stati la legge consente lo stordimento dell’animale prima dell’avvio del processo di macellazione, in modo tale da evitargli sofferenze ritenute inutili.