Uno degli aspetti che ricerchiamo maggiormente mentre gustiamo un piatto di carne è soprattutto la sua morbidezza. Una carne saporita, succosa e tenera rappresenta una delle condizioni di maggior godimento per i nostri palati. Per questo è importante sapere bene come tagliare la carne in modo da renderla più tenera e spesso viene riconosciuto il taglio controfibra (o contro fibra, come preferite) come quello maggiormente indicato per questo scopo.
È indubbio che il taglio controfibra rappresenti la regola generale per far sì che la carne risulti più tenera possibile ma è anche vero che questo tipo di tecnica non è sempre la soluzione più adatta: ci sono casi in cui tagliare la carne perpendicolarmente alla direzione delle fibre non è la prima mossa consigliata. Andremo dunque a vedere quando è opportuno ricorrere al taglio controfibra e i casi in cui invece è meno indicato, non prima di aver spiegato in cosa consiste questa tipologia di taglio.
Le fibre e il tessuto muscolare dell’animale
Perché, quando si parla di morbidezza da ricercare nella carne, sentiamo spesso parlare di taglio controfibra? Questa tecnica, evocata dai più come la regola “base” per rendere tenera la carne, consiste nel taglio perpendicolare alle fibre.
Ogni animale, infatti, ha al suo interno una struttura ossea che sostiene i muscoli la cui contrazione consente i movimenti del corpo, proprio come avviene negli umani: le fibre sono una serie di fasce parallele che permettono proprio questi movimenti. Nello specifico, le fibre dei muscoli che servono per produrre degli sforzi intensi (un esempio è la spalla o il diaframma del bovino) sono ricoperte da una rete proteica elastica, il collagene, che le supporta. I tagli ricavati da muscoli che invece hanno una funzione posturale e non producono frequenti sforzi (su tutti, il filetto) contengono una quantità minima di collagene.
La presenza o meno di collagene è importante da conoscere perché, se esposta a temperature alte durante la preparazione, tende a irrigidirsi con la conseguenza di trasformarsi in una sostanza gommosa e assai difficile da masticare dopo la cottura. Va da sé che i tagli di carne con una bassa quantità di collagene risultano più teneri e, quindi, più costosi di altri tagli considerati “poveri” proprio per la presenza ingente di questa rete elastica.
Cos’è e come praticare il taglio controfibra
Per cercare di contenere questo elastico gommoso che rischia di formarsi dalle parti del corpo animale ricche di collagene bisogna adottare una tecnica di cottura corretta.
Il taglio gioca poi un ruolo fondamentale dal momento che la carne può contenere una serie di simili elastici affiancati tra di loro. Il taglio controfibra allora diventa un’ottima opzione per ridurre la gommosità del collagene e rendere la carne più tenera. Viene denominato “controfibra” perché è un taglio che è condotto perpendicolare alle fibre dell’animale. Bisogna individuare le venature parallele che costituiscono il tessuto e le fibre muscolari, e seguire la loro direzione: una volta capito il loro senso va tagliata la carne in modo perpendicolare a esse. Le fibre muscolari, inoltre, devono essere più corte possibile per rendere la carne morbida.
È importante anche affilare bene il coltello ogni volta prima di iniziare a tagliare. Il modo in cui viene tagliata la carne deve essere lungo e continuato: facendo così si evita di danneggiare la carne. Nel caso non si dovesse riuscire a identificare il senso delle fibre va utilizzato un coltello con taglio inclinato in modo tale da accorciare comunque le fibre stesse.
Se la regola generale enunciata è il taglio controfibra, andando nello specifico della carne cruda a fette spesse sono diversi i passaggi da seguire. Innanzitutto, va poggiato il pezzo di carne su un tagliere in modo che striature e tagliere siano tra loro paralleli. La lama del coltello va posizionata sulla parte superiore del pezzo di carne, ad una distanza di circa 2 cm da una delle due estremità laterali; dopodiché affondare la lama nella carne, attraverso le venature, esercitando una pressione verso il basso finché non verrà ultimato il taglio. Dopo aver ottenuto la prima fetta va ripetuto lo stesso procedimento per tutte le successive.
Nel caso di carne cruda a fette sottili queste si ottengono tagliando il pezzo di carne nel senso della lunghezza. Una volta messa sul tagliere, va poggiata sulla carne la mano che non verrà usata per il taglio esercitando una leggera pressione verso il basso. Con un coltello di media lunghezza va fatta scorrere la lama (ben affilata) al di sotto del palmo della mano cercando di ricavare una fetta di spessore uniforme (lo spessore ideale per fettine di petto di pollo o tacchino è di 8-10 mm).
Se dobbiamo tagliare un arrosto, terminata la sua cottura va posto su un tagliere e fatto riposare 15-20 minuti sotto un foglio di alluminio. Una volta posizionato con le fibre muscolari perpendicolari al tagliere va infilzato l’arrosto con un forchettone per tenerlo fermo arrivando fino a 12-15 mm di profondità. Con l’altra mano va impugnato il coltello e poggiata la lama sul lato superiore del pezzo di carne e perpendicolare ad esso. Da qui cominciare a tagliare la prima fetta affondando la lama nella carne ed esercitando una pressione continua ed uniforme verso il basso fin quando la fetta non si sarà separata dal resto dell’arrosto.
Quando serve tagliare la carne contro fibra
Quando si parla del taglio controfibra viene sempre messa in risalto la sua capacità di rendere morbida la carne e più facile la masticazione; e quasi sempre questa viene data come regola da seguire in ogni situazione per tagliare la carne.
In realtà esistono anche casi in cui il taglio perpendicolare alla direzione delle fibre non si rivela la via più indicata, o almeno non in un primo momento. È il caso di quando ci troviamo di fronte parti dell’animale in cui le fibre grossolane sono disposte in un taglio stretto e lungo parallelamente al lato corto; un esempio che rappresenta bene questa situazione è il diaframma. Tipologie di taglio come il diaframma prevedono per una questione di praticità un iniziale taglio pro fibra, ovvero parallelo alla direzione delle fibre, in modo tale da suddividere la carne in diverse sezioni. Solo in un secondo momento è consigliabile procedere al taglio controfibra per la riduzione a bocconi.
Per capire meglio quando è opportuno ricorrere al taglio controfibra bisogna sempre ricordare che il vero obiettivo di questa tecnica è di rendere più facile la masticazione. Il coltello, in fase di taglio della carne, ha il compito di risparmiare un po’ di fatica ai denti e cercare di ridurre le fibre muscolari dell’animale in dimensioni più corte possibili. Proprio per questo la tecnica controfibra non risulta necessaria in presenza di tagli particolarmente teneri. Tagli come quello del lombo ma anche alcuni insospettabili che si trovano nella parte anteriore del bovino (sebbene questa sia una parte che notoriamente presenta tagli meno teneri rispetto a quella posteriore) non si prestano molto alla tecnica controfibra: questo metodo, in tali casi, risulterebbe scomodo e soprattutto poco utile alla causa.
Per una corretta applicazione del taglio controfibra, quindi, occorre conoscere bene gli strumenti a disposizione ma soprattutto il taglio di carne che ci si appresta a preparare e l’obiettivo che si vuole perseguire.