Il quinto quarto: la passione per le frattaglie

Lombata, costata, fesa, girello: tutti tagli di carne nobili, ricercati dai clienti e immancabili in un ristorante di alto livello.

Ma, come sa chi lavora nella ristorazione, bisogna saper fare tesoro di ogni parte dell’animale, da un lato per evitare gli sprechi, ottimizzando le risorse che si hanno a disposizione, dall’altro per proporre sempre qualcosa di nuovo nel proprio menu.

Proprio in quest’ottica è importante riscoprire anche parti considerate “minori”, come per esempio il cosiddetto “quinto quarto”. Ma cosa si intende con questo termine? Quali tagli di carne ne fanno parte? Come poterlo sfruttare nel nostro ristorante, coniugando bassi costi e ottimi risultati?

Nell’articolo di oggi cercheremo di dare una risposta a questi interrogativi.

Perché quinto quarto?

Come abbiamo già visto in un precedente articolo, i tagli di carne si distinguono in base alla provenienza. Non si tratta in questo caso dell’origine dell’animale, del luogo di nascita e allevamento, per intendersi, un aspetto che rimane comunque fondamentale nella scelta di quale carne servire nella nostra attività.

Stiamo parlando invece della parte dell’animale da cui proviene la carne, dalla quale dipendono le sue caratteristiche (e anche il suo costo). Bisogna infatti sapere che durante il processo di macellazione, un bovino viene diviso in due parti, chiamate mezzene. Suddividendole ulteriormente in due, si ottengono quattro sezioni: due quarti anteriori e due quarti posteriori, che vengono poi classificati seguendo questa tassonomia.

La classificazione dei tagli di carne bovina segue quindi questo schema:

  • Prima categoria: tagli che fanno parte del quarto posteriore;
  • Seconda categoria: tagli che fanno parte del quarto anteriore;
  • Terza categoria: tagli provenienti da parti del collo, dell’addome, o del sottospalle. 

Ma in realtà esiste anche un quinto quarto, ulteriore categoria nella quale viene inserito tutto ciò che non rientra esplicitamente nei quattro tagli principali. Si tratta quindi di ciò che rimane “nascosto” alla nostra vista, insomma, in poche parole, le frattaglie.

Da qualche anno, il quinto quarto, mai scomparso dalle cucine degli italiani, e parte integrante della nostra tradizione culinaria, sta attraversando una fase di riscoperta anche per quel che riguarda i ristoranti. Se infatti una volta le frattaglie erano considerate scarti, che finivano sulle tavole di chi non aveva la possibilità di permettersi tagli migliori, attualmente sono tornate alla ribalta, ritenute vere e proprie squisitezze.

Dalle ricette più antiche alle innovazioni più recenti, dalle trattorie agli chef stellati, molti ristoranti hanno inserito il quinto quarto nelle proposte per i propri clienti.

Cosa fa parte del quinto quarto

Insomma, lontani i tempi in cui le frattaglie venivano utilizzate come cibo per gatti. A dimostrazione di quanto fossero poco considerate in passato, ci viene incontro la storia del sindaco Nathan. Le frattaglie infatti erano inserite addirittura nel bilancio cittadino del Comune di Roma, per alimentare le colonie feline della Capitale, le quali ricambiavano la cortesia eliminando i topi. Quando, a inizi Novecento, il sindaco Nathan notò questa voce di spesa, la abolì, facendo così nascere il detto, molto romanesco, “nun c’è trippa pe’ gatti”, che ha assunto il significato di “non c’è niente da fare”, di “non esistono alternative”.

Ma cosa fa parte del quinto quarto?

Come abbiamo già accennato, con quinto quarto si intende tutto ciò che non fa parte dei quattro tagli principali. Stiamo quindi parlando della frattaglie, che possono essere di bovino, ovino, suino, pollo, ma anche coniglio. Si tratta di una vasta schiera di parti dell’animale che, nonostante siano considerate meno pregiate, possono essere cucinate, dando vita a piatti squisiti, sia più tradizionali, sia contaminati da sperimentazioni e innovazioni. Sebbene a livello regionale e locale possiamo riscontrare differenze linguistiche nella denominazione delle varie parti che compongono il quinto quarto (un discorso valido del resto per molti altri tagli, e non solo), possiamo cercare di fare un elenco indicativo di ciò che è considerato quinto quarto:

  • Cuore
  • Polmoni 
  • Fegato 
  • Milza 
  • Intestino Tenue
  • Testicoli
  • Mammelle
  • Cervello 
  • Lingua  
  • Coda 
  • Zampe

Queste parti non hanno bisogno di spiegazioni, poiché il loro nome già ci dà un’indicazione precisa della loro provenienza. Soffermiamoci su alcune che invece necessitano di qualche parola in più.

  • Trippa: è la parte proveniente dai prestomaci e dallo stomaco del bovino.
  • Rognoni: sono in poche parole i reni dell’animale. In questo caso è d’obbligo il plurale, perché i rognoni possono essere di vitello, di manzo (il primo più tenero e dolce, il secondo più duro e saporito), ma anche di ovino e suino.
  • Animelle: stiamo parlando in questo caso di ghiandole di animali giovani, corrispondenti al timo. Sebbene il loro aspetto bianco e spugnoso possa risultare per molti poco attraente, in realtà le animelle sono molto gustose, e presentano un alto contenuto nutrizionaleMa attenzione al colesterolo!

Quinto quarto in tavola

Quinto quarto è solitamente sinonimo di tradizione, cucina “povera”, a basso costo, e generalmente è così. Ma, inutile dirlo, l’innovazione culinaria, la fantasia degli chef, le nuove sperimentazioni hanno portato a una rivalutazione di queste parti. Le frattaglie sono ormai accostate anche a ricette elaborate e ricercate.

Naturalmente dipende da qual è la direzione presa dal tuo locale, la sua identità. Ma comunque, in generale si può affermare che presentare delle frattaglie nel proprio menu è un buon modo di coniugare gusto ed economicità, con uno sguardo alla soddisfazione del cliente e un altro alle esigenze del nostro business plan.

Ma quali sono i principali piatti tradizionali a base del quinto quarto? Facciamo una panoramica che ci porta in giro per tutta la Penisola, da nord a sud: una conoscenza del territorio è fondamentale per chi lavora nella ristorazione, così come quella delle ricette più antiche.

Partendo dal Nord Italia, una prima tappa obbligatoria è il Piemonte, con il suo fritto misto e la finanziera: il primo è a base di animelle, rognoni, filoni, cervello, fegato e testicoli del vitello, oltre ad avanzi di macellazione di maiale e agnello, mentre il secondo piatto vede come protagonisti le frattaglie del vitello, più manzo, creste, barbigli, fegatini e ovette di pollo. Spostandoci a Est, Venezia ci offre il famoso fegato alla veneziana, insaporito con la cipolla.

Scendendo verso Sud, Firenze ha nel lampredotto il suo piatto tradizionale a base di quinto quarto più famoso. Si tratta dell’abomaso, il quarto stomaco del vitello, servito solitamente in un panino.

Ma forse la regina delle frattaglie rimane la trippa, un piatto diffuso soprattutto nella Capitale, ma che viene cucinato anche in altre parti d’Italia, e che si realizza con le differenti parti dello stomaco del bovino. Sempre a Roma, altro piatto tipico è la pajata (interiora di vitello da latte), con cui solitamente si condiscono i rigatoni, nota ai più per la colorita descrizione che ne fa Alberto Sordi ne “Il marchese del Grillo”.

Come si vede, il quinto quarto offre numerosi spunti per servire piatti che possono andare dagli antipasti ai primi fino ai secondi. Sta al ristoratore decidere se servirli o no ai propri clienti, in base all’identità della propria attività. Quello che si deve sempre tenere a mente è che comunque il quinto quarto ha recuperato la sua dignità gastronomica, e inserirlo nel menu, magari rinnovando la tradizione con alcune nuove proposte, potrebbe essere una buona idea per dare uno slancio al proprio locale.

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