La fase di Rest: come funziona e quando farla

Negli scorsi mesi abbiamo parlato dei vari metodi di cottura della carne, trattandone i vari aspetti e cercando di capire a quali tipi e tagli di carne associarli.

Nell’articolo di oggi continuiamo su questa strada, dedicando il nostro spazio alla fase di “riposo”, il cosiddetto Rest. Ma cosa vuol dire far riposare la carne? È un’operazione sempre necessaria, oppure è adatta a particolari preparazioni? Perché è così importante?

Nelle prossime righe proveremo a dare una risposta a queste domande, che per chi lavora con la carne non sono del tutto nuove, e sono spesso fonte di incertezza.

Prima del Rest: la denaturazione del collagene

Prima di andare a vedere in cosa consiste la fase di Rest, dobbiamo prima soffermarci sulla composizione interna della carne e sui processi chimici che si attivano durante la cottura. In particolare, dobbiamo soffermarci principalmente sulla presenza del collagene, e sul suo fondamentale ruolo.

Il collagene è un composto proteico dalla struttura a tripla elica, quindi molto complessa. Nel collagene gli amminoacidi si legano tra loro, in modo tale da favorire la connessione tra i tessuti muscolari. La presenza del collagene ha un ruolo fondamentale nella cottura, sul risultato finale e sulla “masticabilità” della carne. Ma cosa avviene durante la cottura?

Quando cuociamo un taglio di carne, arrivati a certe temperature, il collagene inizia quel processo chiamato denaturazione: essenzialmente, per capirci con termini meno tecnici, comincia a sciogliersi gradualmente.

Questo processo prende il via una volta superati i 60 gradi, quando le eliche che ne formano la struttura iniziano a scomporsi. Ciò avviene se la carne è cotta in un ambiente umido, e soprattutto se la temperatura viene mantenuta bassa e costante. La conseguenza è l’indebolimento della rete che tiene legate le fibre muscolari.

La temperatura di 60 gradi è quindi uno spartiacque, punto dal quale il collagene inizia a denaturarsi. Tuttavia, per arrivare a una definitiva destrutturazione del tessuto connettivo, bisogna spingerci a temperature che vanno da un minimo di 85 gradi a un massimo di 100. A questo punto, i liquidi contenuti nella carne aumenteranno il loro grado di viscosità, ossia la loro resistenza allo scorrimento. In questo modo, sarà più difficile che fuoriescano dalla carne.

Questo è ciò che avviene all’interno della carne a livello chimico. Quello che è importante, al di là del conoscere nel dettaglio la materia prima che trattiamo, è conoscere il risultato finale di questi processi: in breve, una carne cotta tra gli 85 e i 100 gradi risulterà tenerissima e succulenta.

La fase di Rest: cos’è e come funziona

Abbiamo quindi visto cosa accade durante la cottura della carne al suo interno. Una volta cotta, entra in gioco la fase di Rest. Questa operazione consiste nel far riposare la carne, ossia di non lavorarla subito una volta tolta dalla griglia, o dal forno.

Perché farla? Se ci siamo spiegati bene nel paragrafo precedente, si intuisce come in questo modo si riuscirà a mantenere un certo grado di morbidezza e succosità della carne. Questo perché, una volta cotta, con la fase di Rest iniziamo a far raffreddare la nostra carne, più o meno gradualmente, più o meno a lungo; un atteggiamento che permetterà di iniziare una parziale ricostruzione dei legami preesistenti, anche se in forma più ramificata rispetto alla situazione precottura.

Questo significa, in poche parole, che si forma la gelatina, una struttura caratterizzata da forte instabilità, che tuttavia avrà il ruolo di “contenere” le molecole d’acqua che si sono liberate mentre cuocevamo il nostro taglio di carne. Quando scendiamo sotto i 35°, la gelatina assume una consistenza solida, sciogliendosi con un eventuale innalzamento delle temperature.

Quello che è importante sottolineare, e su cui ci soffermiamo un secondo, è il fattore tempo. Infatti, la ricostruzione di questi legami avviene abbastanza lentamente: da ciò ne deriva che se abbassiamo la temperatura in modo graduale, quindi con tempi più lunghi, più si formerà una rete che riesce a trattenere le molecole d’acqua in maniera più efficace.

In questo modo, i liquidi faranno più fatica a uscire all’esterno, facendo sì che la carne resti succosa e tenera

Arrivati a questo punto, credo che sia normale chiedersi quando va fatta la fase di Rest, e soprattutto quanto debba essere lunga. Dobbiamo chiarire che è difficile stabilire delle “misure” standard, per via di vari fattori che entrano in gioco: per esempio, la quantità di tessuto connettivo si modifica a seconda del taglio di carne selezionato, così come anche il modo in cui gli amminoacidi si legano tra loro. 

Quindi, come regolarci? Cerchiamo di dare qualche risposta.

Quando fare la fase di Rest?

Insomma, quando fare la fase di Rest? È sempre necessaria?

Girando sul web, possiamo trovare numerose risposte a queste domande, a volte anche contraddittorie. Cerchiamo di fare chiarezza, quando possibile.

Ci sono dei tagli di carne che necessitano di una fase di Rest. Pensiamo per esempio alle bistecche, alle costate, alla classica fiorentina, ma anche al Tomahawk: si tratta di tagli che vanno consumati al sangue. Come abbiamo visto in un precedente articolo, intendiamo dire che la temperatura al cuore si aggira intorno ai 55 gradi, quindi inferiore a quei 60 che abbiamo indicato come spartiacque per la denaturazione del collagene.

Per questi tagli di carne è necessaria una fase di Rest, che tuttavia deve risultare brevissima. Inoltre, queste tempistiche limitate sono opportune sia per evitare che la crosticina esterna, caratteristica di una bistecca perfetta, diventi morbida, sia per evitare che la carne si raffreddi troppo.

La fase di Rest diventa più lunga con preparazioni come il roastbeef, che sia in padella o al forno, in cui la temperatura al cuore non supera, anche in questo caso, i 55 gradi. In questo caso, sarebbe meglio far riposare la carne per circa mezz’ora, anche un’ora intera, per favorire tutti quei processi che abbiamo descritto prima.

Stessa cosa anche per tagli più complessi, per i quali la cosa più difficile è arrivare a fine cottura con un prodotto che non risulti duro, difficilmente masticabile, e, in ultimo, non servibile ai nostri clienti.

Per quanto riguarda le carni di maiale e pollo, il Rest è fortemente sconsigliato, perché sono carni che vanno cotte a temperature alte, per evitare spiacevoli inconvenienti, per così dire, di salute.

Per concludere l’articolo, vi poniamo un’altra questione: attenzione a far raffreddare la carne a lungo e lentamente, perché questo potrebbe favorire la proliferazione batterica. Ma sono nozioni che chi ha seguito un corso HACCP sa bene.

La fase di Rest non è quindi sempre necessaria per ottenere carni succose e tenere, ma va applicata a seconda delle preparazioni che decidiamo di inserire nel nostro menu.

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